martedì 8 ottobre 2013

"Punti di vista"

L’uomo si alzò, era corpulento, si sarebbe potuto definire un “omone”.
Indossava una pesante salopette blu, macchiata di scuro.
Aveva appena finito di mangiare e, barcollando appena, si incamminò verso l’uscita; il locale era deserto, se non per le mosche che ronzavano pigre sopra gli avanzi: in quella stagione, con quel caldo, non si poteva far nulla per le mosche. Mentre usciva dal ristorante, con il ventre pieno e il sapore del cibo ancora in bocca, emise un lieve grugnito, forse aveva mangiato troppo...

Quando si ritrovò in strada prese una direzione a caso, non aveva né fretta né una meta precisa, così si incamminò sulla strada che portava fuori dal paese... Ormai lì ci abitava pochissima gente, i giovani se n’erano andati da tempo e, dopo l’epidemia, anche molti altri se n’erano andati. Così erano rimasti in pochi. La strada era quasi deserta, le auto cuocevano al sole d’agosto, mentre le finestre delle case erano barricate, per non far entrare ciò che c’era fuori, anche se spesso serviva a poco. Il caldo non era piacevole, e una smorfia di disapprovazione si dipinse sul viso del nostro...
Strascicando un po’il passo, e senza badare affatto alla pozza nera che gli inzuppò le scarpe, continuò per la sua strada.

Lungo la via le case si facevano man mano più distanti una dall’altra, per lasciare spazio alla prateria che circondava la zona, e solo all’orizzonte si trasformava in un paesaggio collinare. Il sole non dava tregua, l’erba aveva ormai assunto tonalità più vicine al marrone che al verde. L’aria era ferma e tranquilla.
C’erano pochi passanti e ognuno si faceva i fatti suoi... L’uomo in salopette guardava l’orizzonte, come perso nei suoi pensieri, mentre procedeva verso la campagna, sulla strada sterrata, spaccata dal sole, che attutiva il suono dei suoi passi pesanti. In lontananza una casa, più isolata delle altre, sembrò richiamare la sua attenzione, sembrava che altre persone si fossero radunate attorno al muro di cinta della villetta, e si sentivano dei vaghi rumori provenire dall’abitazione.
Il nostro omone rivolse lo sguardo in quella direzione, mugugnando si incamminò verso la casa: di sicuro era stato attirato dal movimento attorno ad essa. Con il suo passo strascicato consumò lentamente quelle poche centinaia di metri che lo separavano dalla meta e, mentre si avvicinava, altri come lui stavano facendo lo stesso, dapprima pochi, ma alle sue spalle sembrava che tutto il paese fosse diretto verso la villa che, una volta ridotta la distanza, apparve in evidente stato di abbandono: le finestre del piano terra erano sprangate con assi di legno, l’intonaco era chiazzato e in alcuni punti totalmente assente, le erbacce crescevano nel giardino alte e incontrollate, mentre il muro di cinta appariva scrostato e malmesso.
Proprio lungo il muro si erano assembrate decine di persone, e improvvisamente ne fu chiaro il motivo... quando un urlo squarciò il silenzio del giorno, proprio mentre alcune delle persone, sfondando un’entrata secondaria, avevano accesso al giardino. Il nostro protagonista si diresse subito in quella direzione, capì che doveva fare in fretta, forse c’era poco tempo. Spingendo di lato alcune persone che gli sbarravano la strada si fece largo nella piccola folla che si stava radunando proprio all’entrata secondaria, accalcandosi per passare. Lui era il più grosso e il più forte.
Entrò nel giardino, schiacciando l’erba alta, ma ormai secca. Istintivamente andò sul retro dell’edificio. Lì trovò un capannello di persone attorno ad una botola mal messa. Stavano cercando di forzarla, con scarsi risultati, così intervenne, prese a pugni il legno marcio, quasi con rabbia. Un altro urlo, un urlo di terrore, uno sparo di fucile, e dei rumori di oggetti che cadono e si frantumano... tutti questi suoni provenivano da sotto la botola. Quando finalmente il legno cedette, lui fu il primo ad entrare. Scese goffamente gli scalini scivolosi, senza badare alla cosa, e si diresse verso il fondo della cantina. Lì trovò un uomo a terra, con un buco di proiettile in fronte. Si sentì un altro sparo... il nostro omone si diresse verso il rumore, e vide una ragazza. Subito chiamò gli altri, che sciamarono all’interno della cantina. Poi si avvicinò alla ragazza, in evidente stato di shock, che urlo di nuovo e sparò ancora, senza però danneggiare nessuno... Le mani del nostro uomo raggiunsero infine la ragazza tremante e, mentre una specie di sorriso si dipingeva sul suo volto, la ragazza urlo ancora, conscia del fatto che, di lì a poco, sarebbe diventata una di loro.

Autore: Daniele Ceccarelli

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